di Manola Nifosì
Continua il viaggio della “Premiata Compagnia Palumbo”.
Ancora una volta i nostri comici sono impegnati ad affrontare ed a proporre, con le loro favole, i grandi temi filosofici dell’esistenza, attraverso i miti ed il pensiero simbolico. Questo permette di immaginare strati plurimi di significato connessi ad un unico “leitmotiv” o idea, e consente di inventare, innovare e produrre idee originali e risultati spesso sorprendenti.
Il XVI secolo vide l’Inghilterra assurgere a potenza dominante nel globo. Quella gloriosa età di ricchezza, fu l’età delle grandi scoperte geografiche e naturalistiche, dei commerci incessanti tra Oriente e Occidente, ma fu anche l’epoca dei corsari e dei pirati. La nostra idea o “leitmotiv” si ispira al mito del tesoro nascosto, del viaggio avventuroso verso l’isola che non c’è, l’isola sconosciuta, l’isola felice. E’ una storia di Pirati terribili, di mappe del tesoro, di un’isola che sembra irraggiungibile. E il ritrovamento dell’isola spesso coincide con il ritrovamento del tesoro. L’isola è il luogo della magia, dell’immaginazione, del sogno, dell’utopia, del possibile non ancora realizzato. Ciascuno dovrebbe seguire i propri sogni poiché “il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni” (Paulo Coelo). E ciascuno possiede una mappa che può condurlo alla ricerca del proprio tesoro. Ma una volta conquistato, non c’è tesoro, tramonto o gemma preziosa, che possa scaldarti il cuore se non hai nessuno con cui condividere la gioia che ti procura. Se non hai nessuno che sia testimone di questa gioia.
Perché una fiaba?
Presso i popoli primitivi, alla soglia della pubertà, si celebrava il rito dell’iniziazione, solitamente nella boscaglia o nella foresta dove i ragazzi venivano “abbandonati” dai genitori o “rapiti” dai celebranti che avevano il viso nascosto da una maschera animalesca.